STORIA DELL'ORDINE DEI MINIMI
San Francesco, in giovanissima età, decise di ritirarsi in eremitaggio su un’altura del suo paese natio. Si era convinto, infatti, che un percorso ascetico fatto di preghiera, digiuno e penitenza l’avrebbe avvicinato al Signore; era certo che fosse questa la volontà di Dio!
Nella solitudine della grotta, immersa nella fecondità della natura, il giovane, coscientemente, scelse di condurre una vita austera e rigorosa: per circa quattro anni si cibò soltanto di erbe crude, rifiutando spesso anche ciò che la sua famiglia gli portava, vestendo un saio di tessuto grezzo e cercando la gioia nell’amore di Dio.
I frutti dell’ascesi di Francesco furono ben presto noti grazie al passaparola di mercanti, predicatori e di persone che avevano ottenuto benefici materiali e spirituali per sua intercessione. La sola vicinanza fisica al Santo chiamava a conversione, donava pace e trasmetteva il senso di Dio, doni che valevano molto di più dei beni materiali e della stessa salute.
La lunga vita di san Francesco di Paola, infatti, fu costellata da una serie di avvenimenti prodigiosi. In molti si soffermano a riflettere sulle guarigioni che i malati riuscivano ad ottenere per sua intercessione o sul dominio che il buon frate esercitava sulle forze della natura, ma spesso si fa fatica a riconoscere che la predilezione del Signore per questo suo mansueto servitore si manifestò pienamente proprio nella fondazione dell’Ordine.
Un movimento religioso di tale vastità non poteva certo essere nei programmi di un giovane che si sentiva chiamato alla solitudine propria dell’eremita, qual era stato Francesco. Il suo cammino ascetico - fatto di preghiera, digiuno e penitenza – non sembra avere attrattiva secondo una logica razionale, oggi così come nel XV secolo. In più Francesco non è stato un teologo, non è stato un fine predicatore, non è stato granché istruito e non è stato neanche sacerdote. Si è sottoposto a privazioni di ogni genere: è stato casto, povero, non ha avuto un tetto sulla testa, ha vestito un saio di lana ruvida e si è nutrito dello stretto indispensabile.
Eppure il suo stile di vita cristianamente eroico ha esercitato una tale forza d’attrazione che è comprensibile soltanto in un’ottica trascendente; in lui si può intravedere la gioia e lo splendore dell’onnipotenza divina.
Ad ogni modo, il Signore ben presto ha cominciato a ispirare delle vocazioni. Vi sono stati giovani che hanno sentito in cuor loro il richiamo alla consacrazione, che hanno espresso il desiderio di dover affiancare Francesco, per imitarlo e per essere compartecipi del progetto divino della fondazione di un nuovo Ordine per il rinnovamento della Chiesa.
Così, con il trascorrere degli anni, intorno al Paolano si è formato un piccolo gruppo di eremiti, per i quali Francesco ha costruito alcune cellette e una prima chiesetta. Non vi sono documenti storici che attestino quando esattamente si sia costituito questo primo nucleo di seguaci del Santo, ma in base agli studi più recenti, pare che si possa collocare al 1450. Fatto sta che, gradatamente, Francesco ha dovuto rinunciare allo stile di vita eremitico – inteso come vita solitaria - per aprirsi ad una forma di vita comunitaria (cenobitismo), che lo portò a fondare l’Ordine dei Minimi.
Quando i primi discepoli si unirono a lui, Francesco non alterò il suo proposito penitenziale, ma allo stesso tempo accettò docilmente la volontà di Dio, che gli stava mostrando un progetto nuovo, forse molto diverso rispetto a quello che aveva immaginato. Chiaramente, però, dovette modificare il suo stile di vita, accogliere questi fratelli e guidarli spiritualmente. Se l’eremita, infatti, nell’isolamento compie tutto da solo cercando di compiacere lo Spirito di Dio, il cenobita prega e lavora scandendo il ritmo al tempo della comunità.
La vita comunitaria, inevitabilmente, richiede regole, turni di preghiere a orari fissi, divisione dei compiti, ma soprattutto può esistere solo se lo stile di vita che si conduce nel romitorio ottiene il riconoscimento ufficiale della Chiesa.
Il problema per il movimento che ruotava attorno a Francesco di Paola si pose nel 1467. Notizie di miracoli compiuti da un eremita calabrese e che, per giunta, aveva dei seguaci, ai quali veniva imposto uno stile di vita molto austero, giunsero alla corte pontificia e così papa Paolo II inviò a Paola una persona di sua fiducia affinché si svolgesse un’indagine riservata sul conto di questo Eremita. L’aspetto che maggiormente stupì Baldassarre De Gutrossis – questo il nome del visitatore apostolico, noto anche come Baldassarre da Spigno – fu la disciplina penitenziale che Francesco seguiva e che consigliava ai suoi seguaci, che in verità avevano qualche difficoltà a imitarlo perfettamente. Francesco, infatti, non solo osservava il digiuno previsto dalla Chiesa nei giorni penitenziali, ma costantemente, per tutto l’anno, si asteneva dal cibarsi di carne, uova, latte e derivati.
Se in un primo momento il De Gutrossis contestò questo stile di vita quaresimale, dopo l’incontro con frate Francesco non ebbe più alcun dubbio del suo stato di grazia e addirittura si stabilì a Paola, divenendo uno dei primi e più stretti collaboratori del Santo.
La storia dell’Ordine è poco documentata e poco nota, eppure anche racimolando le poche informazioni disponibili ci si può fare un’idea di come si siano realizzati i progetti di Dio.
Secondo la tradizione, i primi ad aggregarsi a Francesco di Paola furono tre uomini, persone semplici e desiderose di raggiungere la perfezione evangelica. Gli “Eremiti di fra Francesco” – così si facevano chiamare - erano fra Fiorentino, fra Angelo e fra Nicola. Il primo era paolano, il secondo proveniva da Saracena, un borgo vicino a Castrovillari, e il terzo, prima di stabilirsi definitivamente a Paola, risiedeva a San Lucido. Erano laici, vestivano lo stesso saio e conducevano una vita santa, penitente e gioiosa. Per loro Francesco scavò le prime cellette e il piccolo oratorio che ancora si può venerare al Santuario.
Con il tempo, le richieste di unirsi a questa ‘famigliola’ aumentarono e così Francesco, che vagliava ogni decisione e la sottoponeva al discernimento per essere certo che fosse questa la volontà di Dio, decise di ingrandire l’eremo. In questo frangente, si verificò un grande prodigio, documentato nel Processo Cosentino per la beatificazione di san Francesco. Il testimone – il nobile Antonio Mendolilla – affermò che mentre era con gli operai che stavano lavorando per la costruzione della Chiesa, si presentò un frate vestito con il saio francescano che suggerì al Paolano di ampliare il perimetro della costruzione, che era già tracciato, e di confidare nella Divina Provvidenza per la sua realizzazione. Lo stesso misterioso frate abbozzò per terra il nuovo disegno della Chiesa e immediatamente dopo scomparve dalla vista dei presenti. I testimoni e tutti coloro che sucessivamente cercarono di interpretare questo avvenimento non ebbero dubbi: si era trattato di san Francesco d’Assisi. Dopo qualche giorno, giunsero a Paola alcuni benefattori dai casali di Cosenza e con generose donazioni sostennero la costruzione della Chiesa, che, una volta ultimata, fu dedicata proprio a san Francesco d’Assisi!
Accanto alla Chiesa, poi, Francesco fece realizzare un piccolo edificio per i suoi discepoli, evidentemente cresciuti di numero, composto, da un lato del chiostro, da otto celle per i professi e un’intera ala destinata ai novizi.
Con queste prime vocazioni, si completò l’originario cerchio di discepoli di Francesco di Paola. Dodici – secondo la tradizione – esattamente come gli Apostoli su cui Gesù fondò la Chiesa.
Non si sa bene con quale ordine, ma ai primi tre si unirono il paolano Giovanni Genovesi, il primo sacerdote che l’Ordine dei Minimi diede alla Chiesa; fra Giovanni, detto il semplice: originario di San Lucido, per la sua candida semplicità era molto caro a Francesco, che spesso lo portava con sé nei suoi viaggi; padre Francesco Maiorana da Maida, inviato ben presto in missione a Napoli; padre Antonio Buono, proveniente da una nobile famiglia di Fiumefreddo, che condusse una vita molto innocente e pura; padre Arcangelo de Carlo, nativo di Longobardi, che fu il primo martire dell’Ordine; padre Bernardino Otranto, di Cropalati, che visse una vocazione tanto forte quanto contrastata dai familiari; padre Giovanni Cadurio, di Roccabernarda, che si convertì, grazie all’intercessione di Francesco, dopo che la sua vocazione religiosa era stata minacciata dalla passione per una donna.
Poi, ancora, si unì alla cerchia di Francesco padre Baldassare da Spigno, colto, intellettuale, giurista esperto, che contribuì notevolmente all’istituzione formale dell’Ordine. Fu anche confessore di papa Innocenzo VIII e per Francesco un saggio e fidato collaboratore.
Padre Paolo Rendacio, di nobile estrazione, era originario di Paterno e fu considerato come il discepolo più simile in virtù al Fondatore (pare fosse simile a lui anche per il dono dei miracoli). Francesco volle coinvolgere padre Paolo, appena ordinato sacerdote, in tutti gli affari più importanti e quando partì per la Francia affidò a lui la gestione dei conventi calabresi.
Per ottenere il riconoscimento ufficiale della Chiesa come movimento, era necessario che la piccola comunità che si era radunata attorno a Francesco di Paola avesse un proprio luogo di culto, e così ben presto iniziarono i lavori di costruzione della Chiesa.
Sia padre Baldassarre da Spigno che mons. Pirro Caracciolo ebbero un ruolo particolarmente attivo nella fondazione e nella strutturazione dell’Ordine. Il primo, che per provvidenza era anche laureato in diritto civile e canonico, si preoccupò di formalizzare con regole scritte la vita comunitaria; il secondo si adoperò affinché fosse portata a compimento la costruzione della Chiesa - fu lui a benedire la prima pietra, ponendo nella fondamenta la croce di Gesù – e affinché si diffondesse la congregazione eremitica.
Il primo documento che ufficializzò l’eremo di Paola – il diploma Decet nos – fu firmato proprio da mons. Caracciolo. Il documento, datato 30 novembre 1470, riconosceva a Francesco e ai suoi primi discepoli lo status di eremiti diocesani e sottoponeva l’eremo di Paola alle dirette dipendenze della Santa Sede.
A distanza di quattro anni – il 17 maggio 1474 – Sisto IV promulgò la Sedes Apostolica, con la quale approvava la nascita della “Congregazione eremitica di San Francesco d’Assisi”.
La ‘presenza’ del Poverello di Assisi appare una costante nella vita di Francesco di Paola: portava il suo nome per devozione familiare; si recò sulla sua tomba per ottenere il discernimento vocazionale e così, ancora una volta, Francesco di Paola voleva mettere la sua congregazione al sicuro sotto l’ala protettrice di san Francesco d’Assisi.
Questo documento è particolarmente importante in quanto la Chiesa con esso ratificava l’aspetto più originale di questa nuova congregazione, ovvero lo stile di vita quaresimale - che imponeva ai frati di astenersi quotidianamente dalle carni e derivati -, e la povertà assoluta, accompagnata dalla scelta di vivere di sole elemosine.
Quando Francesco partì per la Francia, nel 1483 – e forse già da qualche anno prima – la Congregazione attraversò un periodo di forte tensione che sembrò mettere a rischio il suo stesso futuro. I motivi erano diversi.
Innanzitutto l’instabilità giuridica dovuta alla mancanza di una regola; a questo si aggiungeva anche la confusione generata dal nome della Congregazione, troppo simile a quella dell’osservanza dei frati minori.
Inoltre, l’austerità dello stile di vita voluta da Francesco incominciava a pesare su alcuni discepoli, molti dei quali decisero di abbandonare la Congregazione.
Quando giunse in Francia, Francesco e i suoi collaboratori continuarono ad occuparsi del riconoscimento della regola, la cui approvazione sembrava impossibile, visto che il concilio Lateranense IV (1215) vietava l’istituzione di nuovi ordini religiosi.
Francesco seppe attendere e così il 26 febbraio del 1493, papa Alessandro VI concesse l’approvazione della prima regola dei frati e in più modificò il nome della congregazione in “Ordine dei frati Minimi poveri eremiti di fr. Francesco di Paola”, ulteriormente modificato nel 1501 con l’approvazione della seconda versione della regola in “Ordine dei Minimi”, che segnò il definitivo passaggio dall’eremitismo al cenobitismo.
Ai primi seguaci se ne aggiunsero molti altri in breve tempo, che animarono i numerosi conventi che san Francesco di Paola fondò.
Dopo aver ultimato il convento di Paola, negli anni ’70 del Quattrocento, istituì conventi a Paterno, Spezzano, Corigliano e Milazzo, affidandoli ai suoi eremiti. Quando, nel 1483, Francesco partì alla volta della Francia, lasciò, dunque, una realtà particolarmente vitale e destinata ad ampliarsi ulteriormente sul territorio. Da Tours, Francesco riuscì comunque a curare l’apertura di altri conventi a Genova, Roma e Castellammare di Stabia.
Giunto alla corte di Luigi XI, sebbene Francesco fosse già anziano, la sua santità non cessò di esercitare attrattiva e numerosi seguaci si aggiunsero alla famiglia Minima. Molti frati, appartenenti ad altri ordini religiosi, scelsero di seguire le orme di Francesco e si rivelarono provvidenziali per la diffusione dell’Ordine. Padre Francesco Binet, benedettino, il francescano Pietro Gebert, e padre Bernardo Boyl, eremita di Monsterrat, furono tra i primi e più stretti collaboratori a portare avanti il messaggio di san Francesco di Paola. La diffusione dei Minimi in Francia fu abbastanza rapida. Dopo l’apertura del convento di Tours, Carlo VIII volle che se ne costruisse un altro ad Amboise. Richiesta analoga giunse da Fréjus, dove la popolazione, riconoscente al Frate paolano per aver prodigiosamente scongiurato al suo passaggio la diffusione della peste, voleva la presenza dei Minimi. Oltre a quello di Parigi, mentre Francesco era ancora in vita, sorsero ben altri otto romitori in Francia.
Come se non bastasse, la presenza dei Minimi giunse anche in Spagna. La tradizione vuole che Francesco di Paola avesse inviato due suoi frati – padre Bernardino da Cropalati e padre Giacomo Lespervier – per suggerire a Ferdinando V il Cattolico di continuare la guerra che aveva intrapreso per liberare la Spagna dai Mori. Della faccenda era stato avvertito da Pedro de Lucena, rappresentante spagnolo alla corte francese. Dato l’esito della guerra (i mori furono espulsi nel 1492), i frati di Francesco furono chiamati i “frati della vittoria” e per riconoscenza il re concesse loro la facoltà di poter fondare conventi ovunque in Spagna. Re Ferdinando, quindi, accolse e protesse i Minimi nel suo regno, spesso offrendo loro le terre sottratte ai Musulmani.
Per la missione in Spagna furono inizialmente inviati padre Bernardo Boyl e padre Fernando Panduro, entrambi religiosi che godevano della piena stima di san Francesco.
Mentre Francesco era ancora in vita, i suoi frati fecero ingresso anche in Boemia e in Germania. La diffusione dell’Ordine nell’area tedesca dipese inizialmente da un contrasto sorto tra alcuni eremiti di Výtoň, alcuni dei quali desideravano vivere più radicalmente la penitenza. Fra questi un sacerdote dal nome Pietro Faber – che poi diventò minimo -, fu incaricato di cercare una regola che potesse disciplinare la pratica penitenziale e la trovò appunto in quella di san Francesco di Paola. Qualche anno più tardi, la famiglia religiosa di san Francesco entrò in contatto con Wolgango di Pollheim, che si era recato in Francia come ambasciatore di Massimiliano I d’Asburgo per trattare questioni dinastiche. Questi rimase conquistato dalla spiritualità di Francesco e dei suoi frati al punto da erigere per loro un convento a Thalheim, oggi territorio austriaco.
Quando Francesco di Paola morì, esistevano circa 30 conventi dell’Ordine da lui fondato. La sua Famiglia continuò a crescere prodigiosamente nei secoli seguenti, tant’è che alla fine del XVII secolo contava 640 conventi e circa 14.000 frati.
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